Oggi la Scuola si è fermata
Perchè?
Perché non possiamo rimanere indifferenti rispetto a ciò che sta avvenendo nel cuore dell’Europa.
Perché, come ci ha ricordato Padre Gino, il processo di pace nasce ogni giorno nelle nostre aule e ognuno di noi deve farsi portatore di questo messaggio.
Perché l’albero della pace va innaffiato ogni giorno con piccoli, grandi gesti, come una Scuola che si ferma per riflettere sull’insensatezza della guerra.
Condividiamo con voi il testo più toccante che abbiamo letto oggi:
Testimonianza tratta dal libro “Linea d’ombra”
L’esplosione della prima bomba atomica, ad Hiroshima, viene presentata nelle pagine dei libri di storia come l’estrema ratio per chiudere con la guerra. Le parole di questa ragazza sollevano quantomeno degli interrogativi.
“Ero a cinquecentocinquanta metri dall’esplosione. È stato distrutto tutto. La nostra casa, i nostri averi, la gente, tutto. In un istante. Ma non è tutto.
“Mia madre non poteva fare niente per me. Non poteva comprare niente, neanche i medicinali. Si era fuso tutto, la nostra casa. Mia madre ha dissotterrato degli oggetti, dei pezzi di metallo che ha trovato nella terra bruciata, per venderli. Non sapevamo niente delle radiazioni. Ma è così che siamo sopravvissute.
“Mia madre non voleva mai parlare della bomba, della guerra. Non sopportava che io soffrissi. Non sopportava il modo in cui la gente mi trattava. L’ho aggredita: “Ridammi la faccia!”.
Non ha mai detto niente. Oggi, capisco mia madre. Quando è morta le hanno fatto l’autopsia: il corpo era pieno di frammenti di vetro.
“Ma io, io ero bruciata.
“Avevo quindici anni. Se quella bomba non fosse stata lanciata, avrei avuto una vita diversa, più agiata. Mi sarei sposata, avrei avuto dei figli.
“Avevo un sacco di sogni quando ho iniziato la scuola. Era bella la vita. Mi piacevano molto gli sport.
“Quella mattina non avevo voglia di uscire di casa. Non avevo dormito molto. Non so, avevo forse un presentimento? Ho lasciato la casa alle otto meno cinque. C’erano studenti ovunque nelle strade, erano stati mobilitati. I più giovani sono morti quasi tutti, erano fuori, come me.
“Ero in strada. All’improvviso, ho sentito un rumore sordo, come un rombo. Il rumore dell’aereo. Non mi preoccupavo- non c’era l’allarme. Poi, ad un tratto, il lampo. Era molto bello – abbagliante, multicolore. Non ho mai più rivisto quel colore. Ma ho sentito la mia faccia gonfiarsi come un pallone.
“Mi hanno svegliata dei pianti di bambini. Ho sentito mia madre che urlava – ero sepolta nelle macerie. Qualcuno mi ha tirata fuori di là. Penso fosse mia madre, non so come ci sia riuscita.
“Ho visto un’amica, le ho parlato ma non mi ha riconosciuta.
“Le persone erano completamente bruciate. Ce n’era una che teneva qualcosa in mano – erano i suoi intestini. Come una salsiccia. Quelli che avevano guardato direttamente l’aereo, per loro era il peggio. Si sono fusi gli occhi.
“Avevo l’aspetto di un mostro. La mia faccia era diventata grossa il doppio. Mi hanno messo dell’olio vegetale sulle scottature. C’erano vermi ovunque. Erano enormi. Mangiavano le persone vive. Mi sono chiesta come mai le mosche e i vermi non erano stati uccisi dalla bomba.
Bruciavano le persone; venivano messe su un grosso cumulo e cosparse di benzina. C’era quell’odore. C’erano cadaveri dappertutto, nei fiumi. Questa è la guerra.
Mi hanno messo su una barca per portarmi su un’isola dove c’era un centro di soccorso. Intorno a me moriva molta gente. Erano vivi, ma un attimo dopo erano tutti morti. Perfino quelli senza ferite. Non si capiva niente. Credevo che sarei morta anch’io. Pensavo continuamente a mia madre.
“Non posso dimenticare quel soldato che si è preso cura di me e che mi ha dato dell’acqua e del cibo. Mi ha salvato la vita.
“Ma è stata dopo che è iniziata la vera sofferenza. Non abbiamo mai ritrovato i nostri cugini. Non avevamo soldi. Mia madre mi ha curata, con dei cetrioli e delle patate che mi ha messo sulla pelle. Poi, l’ospedale. Sei mesi dopo stavo meglio. Ma avevo cicatrici dappertutto, sulla faccia, sulle braccia, sul petto e sulla schiena. Ero brutta come la fame.
“A scuola erano sicuri che fossi morta. Mi avevano persino messo nella lista dei morti. Quando sono tornata, all’inizio mi hanno preso per un fantasma.
“Sono stata operata ventisette volte, ma non ho riavuto la mia faccia. La chirurgia estetica va bene per gli edifici, ma non per il nostro corpo. Ho perso il mio corpo, punto e basta. Una volta che hai quella bomba dentro, non te ne liberi più. La medicina moderna non può nulla. Perlomeno riesco a lavorare, ad avere una vita. Sono riconoscente di essere stata operata.
“Ci dicono che le bombe hanno portato la pace. Ma come è possibile costruire la pace sulla miseria e la sofferenza?”