12 Apr 2022

La questione

La questione è annosa. O, potremmo dire, secolare.
Forse da sempre l’uomo se l’è posta davanti e ancora oggi ci sorprende e affatica con la stessa urgenza.

Cominciò, per dire, Platone a distinguere tra verità e opinione, definendo la prima come conoscenza suprema dei puri concetti e la seconda, per contro, una conoscenza fallace, soggettiva, talvolta contraddittoria.

Eraclito insisteva:

“La maggior parte degli uomini vivono come se avessero una loro propria e particolare saggezza.”

La questione è seria, anche se, attualizzandola, può facilmente assumere toni grotteschi.

Oggi l’opinione si è fatta ingombrante al punto da spingere ai margini di ogni dibattito la verità, la realtà.

Basta assistere a un qualsiasi confronto televisivo, i famosi/famigerati talkshow, per rendersi conto che le innumerevoli parole rovesciate addosso allo spettatore non trovano il loro senso nella ricerca della verità, della realtà, ma solo nell’affermazione della propria opinione.

È il trionfo del “questo lo dice lei!”, prepotente e arrogante affermazione dell’opinionismo assoluto, che non tiene conto dei dati evidenti della realtà.

Che si parli di economia o di guerra, che si discuta di eutanasia o di giustizia, i salotti televisivi, le pagine dei giornali, i tweet e i post si affollano di opinionisti (si dice così, no?), tutti con la stessa autorevolezza, indipendente da ruoli, titoli, istruzione, esperienze.

Eppure la questione, come si diceva, è davvero seria.

Per le idee si vive. Per le idee si muore.

Canta Fabrizio De André, traducendo Georges Brassens:

“Morire per delle idee, l’idea è affascinante
Per poco io morivo senza averla mai avuta. 

Perché forzando il passo succede che si muore
Per delle idee che non han più corso il giorno dopo.”

Il secolo scorso è stato tragicamente segnato dalle ideologie, che in fondo non sono altro che opinioni organizzate e condivise, diventate sistemi troppo spesso violenti e liberticidi.

Tra pochi giorni sarà la nostra Festa della Liberazione, una data non ancora ingrigita dalla polvere della consuetudine, ma viva e vibrante, ancora di più oggi che la parola resistenza risuona, mescolata al rombo dell’artiglieria e ai gemiti dei morenti.

Ottant’anni fa c’era chi aveva un’opinione sulla vita, e per essa imprigionava e uccideva, e chi in forza di un’altra opinione, resisteva e si sacrificava. Era la prima uguale alla seconda? Un’opinione, insomma, vale l’altra? O non c’è almeno da ipotizzare (da desiderare e, perciò, cercare) una corrispondenza con qualcosa di reale, di oggettivo, di unificante?

Come al solito, ci piace lasciare le domande aperte. Un inizio di lavoro.

Aggiungiamo solo una riflessione.

Qualche giorno prima del 25 aprile celebreremo la Pasqua. Anche allora, di fronte a quell’uomo affascinante, ma divisivo, che percorreva le strade di Palestina, tutti si formarono la loro opinione.

Lui stesso era interessato a conoscerla: “Chi dice la gente che io sia?”.

La sua storia finì in una tomba. E quella tomba, la mattina della domenica era vuota.

In un ipotetico talkshow, organizzato allora per l’occasione, si sarebbero confrontati scettici ed entusiasti, integralisti e dubbiosi, teorici del complotto e sondaggisti. Alla fine tutti ancora più convinti della propria opinione.

Rimaneva una fatto, anzi due: la tomba era vuota e un manipolo di uomini e donne semplici, da quel luogo, cominciarono a cambiare se stessi e il mondo. Vissero (e morirono) per quel fatto.

Come noi.

Buona Pasqua! Cristo è risorto, davvero è risorto!