22 Giu 2021

La brezza dell’estate

I mesi trascorsi, dal febbraio 2020 a oggi, ci hanno offerto, insieme a dolore e porte sbarrate, anche qualche opportunità sorprendente. Fra queste e più di altre, la scoperta di un’intimità con noi stessi, con le nostre case, coi silenzi di strade non affollate come di consueto.

Ora ci affacciamo con più di un timore al confine di una stagione che lascia intravedere una nuova libertà, un’estate che, anziché dalla voglia di spiagge deserte e vette solitarie, sarà animata dal desiderio di incontri e di parole.

Qualcuno (i più giovani, può darsi, cioè i più feriti e trascurati nella loro dimensione relazionale) non vede l’ora di tuffarsi nella confusione festaiola e spesso alienante dei raduni animati dai tormentoni estivi. Qualcun altro prepara tovaglie e posate per imponenti convegni familiari.

Tutti abbiamo il desiderio di sguardi e volti liberati dalle mascherine, di abbracci stretti e prolungati, delle voci dei bambini che giocano in cortile, della musica di un concerto, dell’emozione di una rappresentazione teatrale.

Eppure, insieme a tutto questo, vogliamo augurarci di non perdere qualcosa che abbiamo intuito: quella misura lieve di ascolto e di sguardo che abbiamo spesso corso il rischio di smarrire.

Il profeta Elia era stato chiamato sul Monte Oreb perché il Signore voleva incontrarlo. Se ne stava lì, in attesa, dentro la caverna. Dio sarebbe arrivato: sarebbe stato imperdonabile farsi cogliere distratti.

“Ed ecco che il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento, un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto, un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco, il sussurro di una brezza leggera. Come l’udì, Elìa si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna.”

(dal Primo Libro dei Re)

Talvolta crediamo che la cosa più importante si preannunci con strepito, che l’occasione decisiva si presenti con clamore. E invece è più probabile che sia una brezza, un soffio, che solo un orecchio attento può avvertire.

“La bellezza è fatta di delicati sussurri

parla dentro al nostro spirito

la sua voce cede ai nostri silenzi

come una fievole luce che trema

per paura dell’ombra.”

(Kahlil Gibran)

Un sussurro, appunto. Fragile e al tempo stesso insistente.

Vogliamo augurarci un’estate così. Non fuggiremo dai giochi rumorosi sulla sabbia o dai cori appassionati attorno a un fuoco, ma vogliamo conservare per noi e per i nostri cari uno spazio ricercato e custodito in cui i sussurri possano essere percepiti, in cui la brezza leggera possa accarezzarci.

Cormac McCarthy, ne La strada, descrive un mondo devastato da una grande calamità, un pianeta grigio e sterile, popolato di ombre tristi e minacciose. Un uomo cammina faticosamente insieme al suo unico figlio, con l’unica speranza di raggiungere il mare e, forse, una residua speranza di vita.

“Nessuna lista di cose da fare. Ogni giornata sufficiente a se stessa. Ogni ora. Non c’è un dopo. Il dopo è già qui. Tutte le cose piene di grazia e bellezza che ci portiamo nel cuore hanno un’origine comune nel dolore. Nascono dal cordoglio e dalle ceneri. Ecco, sussurrò al bambino addormentato. Io ho te.”

Ecco, quel sussurro.

A ricordarci che ciò che conta (e che rimane) alla fine è sempre qualcuno che ci si affida e a cui affidiamo noi stessi.

Buona estate