11 Ott 2021

Educare a pensare

“Sapere e non sapere; credere fermamente di dire verità sacrosante mentre si pronunciano le menzogne più artefatte; ritenere contemporaneamente valide due opinioni che si annullano a vicenda, sapendole contraddittorie fra di loro e tuttavia credendo in entrambe; fare uso della logica contro la logica.”

Sembra la descrizione di ciò che troppo spesso vediamo accadere durante i dibattiti televisivi o leggiamo in ponderosi articoli di giornale.
Gli argomenti possono essere i più diversi: la politica, certo, ma il menù è molto vario. E gli slogan, che di quell’uso della logica diventano sintesi e simbolo, colorano i cartelli delle manifestazioni e le chiacchiere da bar, o, molto più frequentemente, gli schermi dei nostri computer.

Quelle parole, così attuali, sono state scritte quasi ottant’anni fa da George Orwell in 1984, uno dei suoi capolavori, che sembrava parlare del futuro e invece…
Si sente una mancanza.
Una mancanza e un bisogno.

“Dovunque c’è un grande sfoggio di opinioni
piene di svariate affermazioni
che ci fanno bene e siam contenti. (…)

 E l’uomo che non ha più il gusto del mistero
che non ha passione per il vero
che non è cosciente del suo stato. (…)

 E pensare che c’era il pensiero
che riempiva anche nostro malgrado
le teste un po’ vuote.”

Il sorriso amaro di Giorgio Gaber è tutt’altro che tranquillizzante.

Una mancanza e un bisogno.          
Insomma, bisogna ritornare a pensare. Bisogna imparare nuovamente a pensare, educarsi a pensare.
Ma c’è davvero questo bisogno? Perché vivere, si vive lo stesso. Apparentemente anche meglio, senza pensieri. È facile associare letizia a spensieratezza (si dice così, no?), mentre quelli che si attardano a pensare vengono spesso descritti come individui solitari e cupi.

Vivere si vive lo stesso. Scriveva Goethe:

“Tutti la vivono, non molti la conoscono”.

La vita, ovviamente.
Ma, insistiamo, è davvero necessario il pensiero?
Scriveva Norberto Bobbio:

“La differenza rilevante non passa tra credenti e non credenti, ma tra pensanti e non pensanti.”

Non vogliamo aggiungere semplicemente citazione a citazione. O forse sì, perché quando non si hanno le idee chiare, ma si avverte l’urgenza di una questione, si fa un po’ così: si cercano cose, si buttano lì intuizioni, si cerca aiuto da chi è più saggio o maturo… Non è un esercizio per pochi, è proprio un’urgenza di tutti. Se ne accorgono filosofi e artigiani, poeti, operai e cantanti.

 “Io penso positivo
Perché son vivo perché son vivo
Io penso positivo
Perché son vivo e finché son vivo
Niente e nessuno al mondo
Potrà fermarmi dal ragionare
Niente e nessuno al mondo
Potrà fermare, fermare, fermare, fermare
Quest’onda che va”

(Jovanotti)

Ecco, quest’anno a scuola vogliamo impegnarci ancora di più a educarci a pensare.
Lo faremo tutti, a partire dagli insegnanti, che del pensiero dovrebbero essere custodi, artisti e traduttori.
Lo faremo con la consapevolezza che un solo pensiero dell’uomo vale più del mondo intero, perciò Dio solo è degno di esso (San Giovanni della Croce).
La faremo con lo stupore di chi scopre ogni istante che matematica e latino non sono che il riflesso dell’unica verità che si nasconde tra gli elettroni e la sintassi.
Lo faremo (lo facciamo già) con l’esercizio quotidiano del nostro mestiere, ma vogliamo investire un po’ di più con appuntamenti precisi che speriamo possano coinvolgere anche genitori e amici.
Con un’attenzione, però, che ci impedisca di ritrovarci lassù in quella famosa torre che isola dalla realtà. Quella realtà che è fatta di carne, sudore, fiato e talvolta miseria.
Ricordando a noi stessi, alle nostra ragazze e ai nostri ragazzi ciò che insegna Santa Teresa d’Avila:

 “Il profitto dell’anima non consiste nel molto pensare, ma nel molto amare.”

Ché tutti hanno bisogno di pensare, anche chi non lo sa o chi, per condizione o ventura, non può farlo.
Ma nessuno, per nessuna condizione o ventura, può vivere senza amare ed essere amato.