Prima o poi
Nella prefazione a Se questo è un uomo, il suo libro più famoso, Primo Levi scrive:
“A molti, individui o popoli, può accadere di ritenere, più o meno consapevolmente, che «ogni straniero è nemico». Per lo più questa convinzione giace in fondo agli animi come una infezione latente; si manifesta solo in atti saltuari e incoordinati, e non sta all’origine di un sistema di pensiero. Ma quando questo avviene, quando il dogma inespresso diventa premessa maggiore di un sillogismo, allora, al termine della catena, sta il Lager.”
Oggi i lager non sono scomparsi: ce ne sono numerosi e, aldilà delle differenze dovute alle latitudini e ai costumi, si circondano di identici reticolati e infliggono identiche crudeltà.
“Ogni straniero è nemico” è solo un modo sinteticamente più efficace per dire nazionalismo, sovranismo, populismo. O. specularmente, questi –ismi sono il modo più correttamente accettabile per fare dell’altro un estraneo, un diverso, spesso un nemico.
Quest’anno il Giorno della Memoria precipita in un calendario, il nostro, che accumula roghi di guerre, esili di ostaggi, naufragi di disperati in misura che raramente ci è capitato di osservare. I nostri vocabolari, soprattutto quelli virtuali e così invadenti dei social, spendono con leggerezza parole ed espressioni che qualche tempo fa avremmo usato almeno con imbarazzo.
Gridare al diverso, per pelle o condizione o religione, è diventato normale, in una curva da stadio, in piazza o in un talk show. Banale, potremmo dire.
Ma il Giorno della Memoria, anche oggi, è lì a ricordarci che il male, perfino quello che è stato definito assoluto, può presentarsi proprio così: banale. Banale e assoluto.
“Quel che ora penso veramente è che il male non è mai radicale, ma soltanto estremo, e che non possegga né profondità né una dimensione demoniaca. Esso può invadere e devastare il mondo intero, perché si espande sulla superficie come un fungo. Esso sfida il pensiero, perché il pensiero cerca di raggiungere la profondità, di andare alle radici, e nel momento in cui cerca il male, è frustrato perché non trova nulla. Questa è la sua “banalità”. Solo il bene è profondo e può essere radicale.”
(Hannah Arendt)
“Solo il bene è profondo”: potrebbe essere questa la sfida che raccogliamo. Tra le altre cose che ciò può significare, sarebbe già importante, per noi insegnanti, genitori e studenti, costringerci ad andare più giù, più dentro le materie che maneggiamo, che in sintesi sono solo due: il pensiero e le relazioni con le persone. Andare a fondo, non accontentarci delle opinioni, riflettere, paragonarci, dialogare. E poi incontrare, accogliere, con pazienza, tolleranza, fermezza se serve.
Non è una ricetta facile e immediata, ma forse può condurre davvero al cambiamento del mondo e della storia, perché cambia, converte, il cuore della persona. La mia, innanzitutto.
“Mio fratello che guardi il mondo
e il mondo non somiglia a te
mio fratello che guardi il cielo
e il cielo non ti guarda.”
Non è solo una canzone: è una preghiera. È la domanda di uno sguardo che desideriamo, di cui abbiamo bisogno, anche quando ci sembra di non trovarlo.
Ecco:
“Se c’è una strada sotto il mare
prima o poi ci troverà
Se non c’è strada dentro al cuore degli altri
prima o poi si traccerà».
Prima o poi si traccerà.