18 Dic 2024

Natale 1943

Si avvicinava il Natale, in quell’anno 1943. Giovanni Guareschi, insieme a centinaia di altri italiani, si trovava in un lager tedesco, a Beniaminowo, in Polonia. Per dare (e darsi) un po’ di forza e di speranza, faceva quello che poteva e che sapeva: inventava storie e le raccontava ai compagni di prigionia.

“Era una notte d’inverno: il soldato con l’elmo di ferro batteva i piedi, sull’impiantito della sua torretta, attento a ogni palpitare di foglie. E a un tratto sentì uno scalpitare di zoccoli sulla terra indurita dal gelo: armato il fucile e diretto il faro verso il rumore, si affacciò.”

(i brani sono tratti da Ritorno alla base, di Giovanni Guareschi)

Pare di vederli, quei giovani italiani, laceri, sporchi, smagriti, che si affollano attorno a Giovannino, nel buio della baracca. Come bambini, in quella favola che forse intuiscono, riconoscono descritta la tragica e terribile realtà che li circonda: il soldato, la torretta, il faro…

“Via! – gridò il soldato – È proibito avvicinarsi al filo.”

“Perdonateci, signor soldato – disse il vecchio. – Noi non sappiamo. Veniamo di lontano.”

La donna giovane e bellissima gemette.

“Via!” ripeté il soldato brandendo il fucile.

“Sta male – disse il vecchio. – Abbiamo girato per borghi e città, ma tutto è buio, tutto è chiuso, tutto è deserto, tutto è abbandonato. Nessuno ci ha voluto dare ricovero e lei sta male.”

Erano giovani e meno giovani. Avevano nella carne e nell’anima ferite e tradimenti. La marea nera della guerra, che ancora mugghiava attorno, li aveva travolti e sbattuti a migliaia di chilometri da casa. Ma quella sera di dicembre la voce di quell’uomo coi baffoni aveva qualcosa di materno.

“Via! – gridò il soldato armeggiando con l’otturatore del fucile. La giovane donna gemette ancora e ancora il vecchio parlò con voce implorante,

“Un angolino nella più piccola capanna – sussurrò il vecchio.

Forse un soldato, il più giovane? il più ingenuo?…, avrà sussurrato al vicino. “La so! La so questa storia! So come va a finire: trovano una stalla e poi…”

Quella notte, però, la storia che tante mamme e tanti papà avevano raccontato nel corso degli anni, prendeva un corso un po’ diverso.

Giunsero davanti a una baracca senza vetri alle finestre. Era un magazzino e fino al tetto si accatastavano tavole di lettiere, sgabelli e botti sfasciate. Il soldato trasse una chiave e tolse il lucchetto dal catenaccio.

“Dormite lì – sussurrò – c’è una balla di truciolo là in fondo. Verrò a riprendervi all’alba. E succeda quel che Dio vuole!”

E anche là, nel cuore gelido della Polonia, dove in luoghi che diverranno tragicamente famosi milioni di persone venivano annientati da una sanguinaria ideologia che negava Dio e l’uomo, quella notte poteva accadere nuovamente il miracolo.

Venne la mezzanotte e, d’improvviso, un bagliore altissimo ruppe le tenebre.

“Cos’è che brucia?” domandò il colonnello. E il soldato non seppe rispondere. Ma il colonnello vide il bambino nella lettiera e si interruppe.

“È inaudito! – s’indignò il colonnello. – È la più grave infrazione ai regolamenti che io abbia mai visto!”

Gli internati italiani sapevano bene quanto poteva essere inumano un regolamento. In quel lager la più piccola infrazione a una qualsiasi regola poteva significare una feroce punizione, addirittura la morte.

“È inaudito! – ripeté più volte – Come vi siete permesso di venire a nascere qua?”

Che, a ben vedere, è la frase che tanti, potenti o arroganti o scettici, hanno ripetuto da quella notte di duemila anni fa. Come si permette quel bambino… come si permettono quella donna e quell’uomo… Ma, più a fondo, come si permette Dio di capovolgere ogni logica e ogni convenienza e ridursi a quella robetta da nulla che è un neonato e venire e sovvertire regolamenti/consuetudini/aspettative, insomma ciò che tranquillizza tutti noi, uomini e donne coi piedi per terra?

Il bambino si era addormentato e il colonnello scrollò il capo. “È inaudito!” borbottò uscendo. E ordinò al soldato di mettersi fuori di guardia alla baracca e non lasciare avvicinare nessuno.

“Domani chiederemo disposizioni al comando superiore” concluse. E si allontanò e la sua ombra si distese lunghissima sulla sabbia illuminata dalla stella che, ferma sulla capanna, ondeggiava al vento della notte la lunga argentea coda.

“È inaudito” ripete più volte il colonnello. Infatti non si era mai sentito, ma Dio è davvero diventato carne e sangue, fiato e tenerezza. Noi l’abbiamo sentito. E ne siamo testimoni.

Buon Natale.