
GRIDARE
Ci si abitua a tutto.
Lโessere umano, questo animale non particolarmente forte, senza artigli e senza pelliccia, si adatta a tutto. Vive con profitto tra i ghiacci del Polo e nella foresta equatoriale, organizza traffici e passatempi nelle vie affollate delle metropoli come negli spazi indeterminati del Sahara.
E si abitua a tutto.
La prima bomba che cade fa accapponare la pelle, ma giร la decima sorprende un poโ meno. La millesima, poiโฆ E le case che crollano, per un’esplosione o un terremoto, diventano col tempo un rumore di fondo, inavvertito.
Cosรฌ le grida di chi affoga, di chi รจ percosso per strada, di chi รจ avvelenato in classe, di chi รจ giustiziato con un colpo alla nuca.
Forse lโinsidia piรน pericolosa del male รจ proprio questa: rendersi poco avvertibile, farsi consueto, abituale. Diventare, cioรจ, piรน che una tenebra, una nebbiolina grigiastra, che appanna i colori, li rende meno vivaci e, via via, sempre meno distinguibili.
Lโalternativa, per gli animi piรน sensibili, quelli che non possono fare a meno di avvertire la presenza del male, sembra poter essere solo โla divina indifferenzaโ, dove divina รจ sinonimo di distacco, di lontananza.
Spesso il male di vivere ho incontrato:
era il rivo strozzato che gorgoglia,
era l’incartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato.
Bene non seppi, fuori del prodigio
che schiude la divina Indifferenza:
era la statua nella sonnolenza
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.
Eugenio Montale
ร la seconda Pasqua di guerra. O perlomeno di questa guerra che fa tremare le porte di casa nostra, chรฉ altrove di pasque e natali e quaresime ne hanno contate a decine.
ร la seconda Pasqua di guerra e, se una preghiera ci vogliamo costringere a fare, รจ per allontanare il rischio dellโabitudine. Non vogliamo assuefarci al male. Non vogliamo considerare ordinario lโorrore delle case sventrate e dei camposanti popolati quasi esclusivamente da ventenni.
Come non vogliamo ritenere parte del panorama un relitto sfasciato sulla battigia. Tantomeno il corpo di un bambino col viso affondato nella sabbia.
Vogliamo gridare, di piรน ora, piรน forte oggi, che il male รจ lโopposto di ciรฒ che il nostro cuore desidera. Che ogni offesa alla dignitร dellโuomo e della donna ci fa sanguinare.
E se non sanguiniamo, allora preghiamo affinchรฉ impariamo a farlo.
Senza questo grido, che รจ il nostro, diventa vano il sacrificio di quellโuomo innocente sul Calvario.
Come diventano vani quello dellโanziano schiacciato sotto le macerie della sua casa, quello del bambino che affonda nel Mediterraneo, quello del soldato costretto a morire e a far morire, della ragazza impiccata o avvelenata.
โLโultimo grido del Padre nostro รจ scagliato contro questo male โdalle larghe faldeโ, che tiene sotto il suo ombrello le esperienze piรน diverse: i lutti dellโuomo, il dolore innocente, la schiavitรน, la strumentalizzazione dellโaltro, il pianto dei bambini innocenti. Tutti questi eventi protestano nel cuore dellโuomo e diventano voce nellโultima parola della preghiera di Gesรน.โ
Papa Francesco
Non soffochiamo nellโabitudine. Prendiamo un bel respiro e gridiamo.
Chรฉ รจ giร preghiera.
E Qualcuno, di certo, ascolta.
Buona Pasqua.
