30 Mar 2023

GRIDARE

Ci si abitua a tutto.

L’essere umano, questo animale non particolarmente forte, senza artigli e senza pelliccia, si adatta a tutto. Vive con profitto tra i ghiacci del Polo e nella foresta equatoriale, organizza traffici e passatempi nelle vie affollate delle metropoli come negli spazi indeterminati del Sahara.

E si abitua a tutto.

La prima bomba che cade fa accapponare la pelle, ma già la decima sorprende un po’ meno. La millesima, poi… E le case che crollano, per un’esplosione o un terremoto, diventano col tempo un rumore di fondo, inavvertito.

Così le grida di chi affoga, di chi è percosso per strada, di chi è avvelenato in classe, di chi è giustiziato con un colpo alla nuca.

Forse l’insidia più pericolosa del male è proprio questa: rendersi poco avvertibile, farsi consueto, abituale. Diventare, cioè, più che una tenebra, una nebbiolina grigiastra, che appanna i colori, li rende meno vivaci e, via via, sempre meno distinguibili.

L’alternativa, per gli animi più sensibili, quelli che non possono fare a meno di avvertire la presenza del male, sembra poter essere solo “la divina indifferenza”, dove divina è sinonimo di distacco, di lontananza.

Spesso il male di vivere ho incontrato: 
era il rivo strozzato che gorgoglia, 
era l’incartocciarsi della foglia 
riarsa, era il cavallo stramazzato.

Bene non seppi, fuori del prodigio 
che schiude la divina Indifferenza: 
era la statua nella sonnolenza 
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.


Eugenio Montale

È la seconda Pasqua di guerra. O perlomeno di questa guerra che fa tremare le porte di casa nostra, ché altrove di pasque e natali e quaresime ne hanno contate a decine. 

È la seconda Pasqua di guerra e, se una preghiera ci vogliamo costringere a fare, è per allontanare il rischio dell’abitudine. Non vogliamo assuefarci al male. Non vogliamo considerare ordinario l’orrore delle case sventrate e dei camposanti popolati quasi esclusivamente da ventenni.

Come non vogliamo ritenere parte del panorama un relitto sfasciato sulla battigia. Tantomeno il corpo di un bambino col viso affondato nella sabbia.

Vogliamo gridare, di più ora, più forte oggi, che il male è l’opposto di ciò che il nostro cuore desidera. Che ogni offesa alla dignità dell’uomo e della donna ci fa sanguinare. 

E se non sanguiniamo, allora preghiamo affinché impariamo a farlo.

Senza questo grido, che è il nostro, diventa vano il sacrificio di quell’uomo innocente sul Calvario.

Come diventano vani quello dell’anziano schiacciato sotto le macerie della sua casa, quello del bambino che affonda nel Mediterraneo, quello del soldato costretto a morire e a far morire, della ragazza impiccata o avvelenata.

“L’ultimo grido del Padre nostro è scagliato contro questo male “dalle larghe falde”, che tiene sotto il suo ombrello le esperienze più diverse: i lutti dell’uomo, il dolore innocente, la schiavitù, la strumentalizzazione dell’altro, il pianto dei bambini innocenti. Tutti questi eventi protestano nel cuore dell’uomo e diventano voce nell’ultima parola della preghiera di Gesù.” 

Papa Francesco

Non soffochiamo nell’abitudine. Prendiamo un bel respiro e gridiamo.

Ché è già preghiera.

E Qualcuno, di certo, ascolta.

Buona Pasqua.

Gridare - buona pasqua