27 Mar 2024

C’è tempo

3 marzo: Giornata mondiale della natura selvatica.

8 marzo: Giornata internazionale della donna.

18 marzo: Giornata mondiale del sonno (questa è una novità).

19 marzo: Festa del papà.

20 marzo: Giornata internazionale della felicità.

24 marzo: Giornata nazionale per la promozione della letteratura. 

E via così per l’intero anno.

A voler guardare, ogni settimana, ogni giorno quasi, ci sono una data, una ricorrenza, una dedica particolare da annotare: la giornata mondiale di questo… la giornata mondiale di quest’altro… Al punto che, diventando tutto particolarmente importante, si corre il rischio di far diventare tutto particolarmente banale.

Ma c’è bisogno di questo moltiplicarsi di titoli, questo accumularsi di giorni speciali?

Forse, sotto questo affollato calendario, si nasconde un timore: la preoccupazione di un tempo che ci precede, ci trascina per un breve tratto e ci lascia indietro, indipendentemente dai nostri progetti o dalle nostre preoccupazioni. Forse questo mettere paletti, questi segnavie di un sentiero che non sappiamo bene verso quale meta sia diretto, rivela il bisogno di dare senso almeno ai passi più immediati, al tratto di percorso che si riesce a intravvedere. 

“Voi vorreste misurare il tempo, che è smisurato e immisurabile.

Vorreste conformare la vostra condotta, e perfino guidare il corso dello spirito, secondo le ore e le stagioni.

(…) E non è il tempo, come è anche l’amore, indiviso ed immoto?”

(Sul tempo, Gibran Kahlil Gibran)

“Non illuderti d’essere immortale, t’ammoniscono gli anni e i giorni che passano in un attimo” ci suggerisce Quinto Orazio Flacco. Mettere un cartellino su quella data, assegnare ad essa un titolo, un’intenzione, ce la rende un po’ meno indefinita, ci dà l’illusione di poterla ridurre a una misura conosciuta. “Di doman non c’è certezza” dice il Magnifico, ma se domani è dedicato a una buona causa, almeno sappiamo in qualche modo che cosa aspettarci.

Oppure, no: oppure c’è qualcosa di più profondo di tutta questa inevitabile vertigine di fronte al mare del tempo, di questi incerti tentativi disorientati di misurare ciò che appare smisurato.

Sono goffi e affascinanti tentativi per avvicinarsi al mistero. Goffi ed affascinanti come i passi del bambino che impara a camminare, riducendo la distanza che lo separa dalle braccia aperte della mamma e del papà.

Pazienza. Tenacia. Attesa.

“Bisogna essere molto pazienti”, rispose la volpe. “In principio tu ti sederai un po’ lontano da me, così, nell’erba. Io ti guarderò con la coda dell’occhio e tu non dirai nulla. Le parole sono una fonte di malintesi. Ma ogni giorno tu potrai sederti un po’ più vicino. […] Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi alle quattro, dalle tre io comincerò ad essere felice. Col passare dell’ora aumenterà la mia felicità. Quando saranno le quattro, incomincerò ad agitarmi e ad inquietarmi; scoprirò il prezzo della felicità! Ma se tu vieni non si sa quando, io non saprò mai a che ora prepararmi il cuore… Ci vogliono i riti”.

(Il Piccolo Principe, Antoine de Saint-Exupèry)

A proposito: il 31 marzo è Pasqua.

Non è l’ennesima etichetta sul calendario.
È la memoria del Fatto che ha dato senso al tempo: Gesù Cristo è risorto.
È veramente risorto.

Auguri.

Roberto Guarneri